Città studi non si tocca

L’asta del novembre 2014 per vendere i terreni di Arexpo S.p.a. è andata deserta. È da qui che parte il progetto di Human Technopole (HT) e successivamente l’idea di affiancargli le facoltà scientifiche della Statale e una serie di multinazionali per creare un “ecosistema dell’innovazione”. La questione del trasferimento delle facoltà scientifiche si inserisce nell’ambito di un ripensamento complessivo della città, secondo una strategia che deve essere messa in discussione da chi la città la vive.

Sono più che favorevole alla creazione di un polo di eccellenza nell’area ex-EXPO, ma allo stesso tempo sono contrario al progetto del trasferimento dell’Università dal suo quartiere storico di Città Studi. La mia solidarietà e il mio supporto alla lotta per il quartiere e per l’Università condotta dall’Assemblea di Città Studi, dagli studenti e dai cittadini che si sono organizzati per fermare questo progetto.

Le ragioni principali sono 3:

La mancata partecipazione

degli studenti, dei lavoratori dell’Università e dei cittadini del Municipio 3 al processo decisionale. Il rettore della Statale Gianluca Vago si è limitato a far votare in Senato Accademico e CdA prima una manifestazione d’interesse e poi delle linee generali sul progetto, dimostrando così di considerare l’Università un organismo estraneo al quartiere dove ha sede e di non volere una partecipazione reale degli studenti e degli universitari in generale. Inoltre, i cittadini milanesi avevano già votato al referendum del 2011 per fare delle aree di Expo un parco agroalimentare, volontà che non viene presa in considerazione. Con lo spostamento di 20’000 studenti i quartieri circostanti verranno svuotati, perdendo non solo opportunità economiche ma lo stesso carattere distintivo che ne ha fatto una parte creativa e vibrante di Milano. La questione non riguarda, quindi, solo i piani di Vago per l’Ateneo o i piani di Comune e Governo per il sito Expo.

Il trasferimento a Rho non è quello che serve alla Statale di Milano

Nel paese OCSE che investe meno in Università, alcuni edifici delle facoltà di Città Studi sono diventati fatiscenti per mancanza di investimenti e cura, mentre il cantiere del Dipartimento di Informatica è in ballo da 6 anni. Ora verranno trovati 380 milioni, di cui 130 dalla stessa Università a debito, per un nuovo campus che sarà 100’000 mq più piccolo di quello attuale, risultando in uno spazio medio per studente inferiore a quello dei polli da allevamento biologico, e che nel progetto originario non prevedeva neanche una biblioteca. La ristrutturazione di alcuni locali esistenti viene scartata perché troppo costosa e non pratica, senza studi economici e logistici a riguardo. Inoltre, numerosi sono gli spazi inutilizzati nello stesso Municipio 3 e quelli di proprietà della Statale. Consideriamo inaccettabile il ricatto del ‘o accettate lo spostamento a Rho a condizioni che non potete decidere, o rimanete in questo campus che sconta decenni di abbandono’.

l’indipendenza della ricerca e dell’istruzione della Statale è a rischio

Bayer-Monsanto, Novalis, IBM e Roche sono alcune delle multinazionali che vogliono far parte del progetto; l’IIT stesso, a cui è affidata la realizzazione di HT, è una fondazione privata a proprietà pubblica nel cui CdA sono presenti vari rappresentanti di grandi imprese. Le aziende cercheranno di estrarre conoscenze, risorse umane e brevetti da questo polo nella prospettiva del profitto, orientando necessariamente le scelte di un’Università
indebitata in materia di ricerca e poi di istruzione in generale. Chi ha a cuore il fatto che l’Università sia pubblica e che la ricerca lavori per il benessere e il sapere collettivi non può non essere preoccupato per la situazione che si creerebbe a Rho. D’altronde, bisogna sottolineare come la Statale trasferendosi rinunci ad investire in un altro potenziale “ecosistema dell’innovazione” con il Politecnico, opportunità fino ad ora sacrificata sull’altare della competizione autodistruttiva tra atenei (con l’eccezione del progetto Campus Sostenibile che verrà, evidentemente, accantonato).